Dell’emancipazione dei popoli
Cosa ci insegna la storia americana

Le conversazioni telefoniche della signora Timoshenko, non possono essere considerate politicamente rilevanti, nemmeno se fossero originali e non intercettate e manipolate dai servizi russi, come sostiene l’ex premier ucraino dopo che i nastri sono stati divulgati. Potrebbe anche essere che la signora Timoshenko voglia morto Putin e con lui otto milioni di russi che abitano il suo stesso Paese. Questo non significa allestire un piano concreto per realizzare tali propositi e nemmeno che Timoshenko intenda davvero realizzarli. Sono decenni che gli ayatollah iraniani minacciano pubblicamente di voler cancellare Israele dalle mappe ed è stato persino prodotta una spettacolare simulazione della tv di Stato per illustrare come questo potrebbe accadere. Eppure, Israele resta salda nei suoi confini. Di velleità di ogni genere la storia è piena, non si possono rendicontare tutte. Solo che se Israele è legittimata a monitorare i confini iraniani mai partisse qualche missile contro i suoi, non possiamo stupirci se i russi ucraini, che non dispongono di confini sorvegliati, si sentano insicuri in terra ucraina e se i russi di Crimea abbiano accolto con entusiasmo la possibilità di emanciparsi dal loro stato di cittadini di altra nazione. Per questo siamo sempre stati cauti nel giudicare gli eventi in quella regione e consiglieremmo cautela alla presidenza americana, che con tutto il dovuto rispetto, in questi anni nelle sue scelte internazionali, ne ha mostrata poca o non ne ha mostrato affatto. Se è legittima la rivolta di piazza popolare contro il deposto regime di Kiev, non è detto che il nuovo governo insurrezionale sia meglio di quello vecchio. In queste ore il capo di un partito di maggioranza di quel governo a Kiev è stato ucciso in uno scontro a fuoco con la polizia locale in quanto risulta un malvivente comune. Non basta rovesciare un regime odioso per dare buona prova di sé e gli americani hanno sempre avuto questo vizio di perdonare difetti palesi ai governi loro amici, vedi Pinochet o Somoza. Quello che era anche comprensibile durante la guerra fredda, oggi lo è molto meno, per non dire che non lo è per niente. Una democrazia aperta pretende buon governo e ovviamente libertà. Come possiamo impedire ai russi di Crimea di essere tali se abbiamo favorito volentieri ai kossovari la loro indipendenza dalla Serbia? In democrazia i popoli hanno diritto a compiere scelte autonome e ci manca solo che dobbiamo dirlo noi all’America quando è stata l’America che lo insegnò a noi e a tutto il mondo oramai tre secoli fa. Sarebbe davvero incredibile che proprio Obama possa dimenticarlo.

Roma, 26 marzo 2014